IL PARADOSSO n° 9 LUGLIO-AGOSTO 2006
OTTO MILIONI DI BICICLETTE

da Master Meeting LUGLIO-AGOSTO 2006

Vai alla vignetta

La filastrocca della pastorella che si reca al mercato per vendere il secchio di latte appena munto è fin troppo nota. Avanza saltellando lungo il viottolo, fa sogni di ricchezza, ma saltella troppo, incespica e il latte si rovescia. Addio sogni. Anche l'Italia, in un certo senso, può essere raffigurata come una pastorella che, invece, ha inciampato sulla via del progresso quando vent'anni fa, più precisamente nel 1987, decise di auto distruggere la nuova fortuna che stava costruendosi. Alludiamo all'energia nucleare, che oggi molti, di fronte ai crescenti costi di petrolio e benzina, incominciano a rimpiangere. Si può ritornare indietro, correre ai ripari, ricostruendo in tempi brevi nuove centrali nucleari?

Abbiamo letto in proposito un'interessante intervista ad Alberto Clo, esperto del settore, direttore della rivista "Energia" ed in passato anche ministro dell'industria e del commercio estero. Nelle sue risposte all'intervistatore è quasi brutale e in sintesi dice che è inutile piangere sul latte versato. Proprio come la pastorella.

Afferma di essere uno dei pochi che nel 1987 si batté contro l'uscita dell'ltalia dalla tecnologia nucleare e che tutti quelli che oggi sostengono l'opportunità di tornare al nucleare allora erano contrari o, quanto meno, tacevano per convenienza politica. Purtroppo, riepiloga l'intervistato, ormai non è possibile tornare indietro: in vent'anni sono stati distrutti tutti i saperi e, senza università adeguate, docenti, imprese elettromeccaniche e i tecnici andati in pensione, non si può rifare tutto daccapo, anche perché sarebbero necessarie non una o due centrali, ma almeno dieci o venti. Con ironia, conclude: in un paese dove non si riesce a fare una discarica, una pala eolica, un rigassificatore, si può davvero pensare di potere costruire dieci o venti centrali nucleari?

Le, prospettive, dunque, sono quanto mai nere. La crisi energetica viene annunciata senza fine anche perché le risorse naturali non sono inesauribili e la crescente, terribile concorrenza della Cina, evoluta e tecnicizzata (e anche dell'India), dilata la richiesta mondiale di fronte ad una offerta sempre più rarefatta, con ovvio aumento dei prezzi.

Della Cina noi ci siamo fatti un'immagine piuttosto stereotipata e stentiamo ad aggiornarla. Ci ricordiamo ancora della Cina di Mao, milioni di persone anonime, tutte in grigio, quasi in uniforme, e tutti in bicicletta per la strade di Pechino o Shanghai senza automobili. Temiamo che anche noi finiremo così, non in progresso ma facendo passi indietro nel tempo.

La buonanima di Mussolini settant'anni fa, o giù di li, aveva illuso gli italiani vantando una forza bellica di otto milioni di baionette. Ora rischiamo di ritrovarci con la debolezza: senza auto, con il riscaldamento razionato e, ad andar bene, con otto milioni di biciclette.

Nelle future adunate oceaniche alla testa dei ciclisti sfilerà il presidente del consiglio, Romano Prodi, da anni pedalatore ad honorem numero uno.



Paolo Torriani