IL PARADOSSO n° 10-SETTEMBRE 2006
IN MEDIA STAT VIRUS

da Master Meeting SETTEMBRE 2006

Vai alla vignetta

È passato poco più di un anno dal 18 agosto 2005, quando la stampa ne parlò per la prima volta, ma possiamo emettere un profondo sospiro di sollievo. Scampato pericolo. Abbiamo forti possibilità di sopravvivere e di non morire da polli. Per colpa dei polli. L'influenza che colpisce i volatili era già stata identificata in Italia cento anni fa, nel 1902, e anche più vicino a noi, nel 1994, ma nessuno si era allarmato per il semplice fatto che stampa e televisioni erano distratte e non se ne erano interessate.

Questa volta, con l'evento che si manifestava in Asia e non da noi, la stampa, priva di argomenti da rendere sensazionali, se ne è impossessata. Era lo scoop delle vacanze per la gente che a Ferragosto se ne stava troppo tranquilla al mare o in montagna.

Per vendere e fare audience una notizia negativa avvince sei volte più di una positiva e questo tipo di notizia si attinge sempre dalle quattro ESSE: sesso, sangue, soldi, sventura. Così l'allarme fu subito sparato con quel gusto dell'enfasi e della spettacolarizzazione che purtroppo caratterizza i media dei nostri tempi, quando un semplice errore viene gonfiato in un disastro. La notizia diffusa da un quotidiano fra i più autorevoli con tanto di articolo di fondo a firma di prestigio, e con un paginone centrale nel quale si sparavano subito vocaboli impressionanti come virus, contagio, epidemia, pandemia con richiami al passato con tanto di "spagnola" e milioni di morti.

Il lettore ama le emozioni forti, gli piace essere bombardato soprattutto se non è in grado di opporre difese culturali o scientifiche. A questo nuovo martellante tam tam da un giornale all'altro fino alle più ossessionanti e allarmistiche trasmissioni televisive l'italiano non seppe trovare altra contromisura che, al ritorno delle vacanze, non mangiare più polli e tacchini. Il mercato in settembre crollò quasi dell'80%. Poi, forse soltanto per puro caso, qualcuno è venuto a sapere che una casa farmaceutica preparava un vaccino anti-aviaria mentre un neurologo e scrittore scriveva "Pandemia", una fiction sul pericolo di diffusione del virus senza vaccino: ne era stato pubblicato anche un libro distribuito gratis in 80 mila copie in 500 librerie.

Basta con l'aviaria. Ne siamo salvi. Nessuno ne parla più. L'argomento è uscito di moda, come in precedenza era uscita di moda anche la mucca pazza e con gioia eravamo tornati a gustare gli ossibuchi con risotto e una bella fiorentina dopo tre anni di astinenza.

Mucca pazza, influenza aviaria e polli: quali interessi si muovevano dietro il gonfiamento di questi problemi? E perché, a cicli alterni, spuntano e scompaiono gli altri argomenti che tanto fanno presa sui lettori-consumatori? Il colesterolo ha dominato a lungo sui media, bando al burro e viva l'olio, largo alla lecitina e al bando altri alimenti concorrenziali, il vino sì e il vino no.

Siamo tutti dipendenti dall'informazione, spesso pilotata, schiavi di quanto ci vogliono dire, far bere e far mangiare. Spesso si scopre tardivamente che il vecchio proverbio "in medium stat virtus" è stato soppiantato dal nuovo "In media stat virus". Già, perché anche questo – quanto ci vogliono propinare – è un virus, forse più pericoloso della mucca e del pollo. Sono riusciti a frenare e mitigare il male del secolo, I'aids, ma stiamo in guardia perché i bombardamenti mediatici per distruggerci riprenderanno prima o poi violenti e le minacciate armi letali saranno sicuramente l'effetto serra e il buco nell'ozono.

Prepariamoci ad essere sommersi dall'ondata del Polo Nord in disgelo. Altro che tsunami. Qualche media prima o poi ce ne annuncerà l'imminente e ineluttabile arrivo.



Paolo Torriani