IL PARADOSSO n° 20 - APRILE 2007
RICCHI MA BUONI

da Master Meeting APRILE 2007

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Un gruppo di discepoli chiese al maestro: "Che strada prendere per arrivare alla ricchezza?" II saggio rispose: "E facile! Prendete a destra, prendete a sinistra, soprattutto prendete da tutte le parti." In altre parole, "arraffare" in qualsiasi modo, senza scrupoli. Un altro saggio, però, più di duemila anni fa, disse che chi vive nella ricchezza senza fare niente di bello e generoso non è ricco, ma soltanto custode di ricchezze.

A queste parole di Euripide molti secoli più tardi si richiamò Ruskin per precisare che lo scopo della ricchezza è di produrre il maggiore numero possibile di creature dai polmoni sani, dagli occhi lucenti e dal cuore felice.
Seguaci di questa dottrina sono oggi i miliardari americani fedeli al give back (ridare agli altri parte dei propri beni), applicando in pratica la brillante idea della cosiddetta venture philantropy, la beneficenza regolata e alimentata secondo le leggi dell'economia di mercato. Questi miliardari vogliono dimostrare che sono ricchi, ma anche buoni e ben disposti verso la comunità, verso chi ha bisogno di sostegno. Sono stati abilissimi a fare soldi, magari senza scrupoli ("prendere da tutte le parti"), ma sanno applicare gli stessi metodi anche per creare fortune a favore di chi è più povero.

Abbondano negli USA le fondazioni e le donazioni, spesso per cifre ingenti, veri e propri patrimoni. Una fondazione si chiama Robin Hood (il nome è già tutto un programma) e gestisce un fondo di circa 15 miliardi di dollari. II gestore di questo fondo, che ovviamente guadagna bene e fa guadagnare, negli ultimi sei anni, attingendo al proprio portafoglio e a quelli di amici e colleghi, ha investito anche 100 milioni di dollari all'anno in programmi di beneficenza per creare mense per i poveri, corsi di qualificazione professionale per ex-carcerati, case per i senza tetto, scuole nei quartieri più miseri. Fondi e programmi, però, devono rendere bene e creare altri mezzi per nuove iniziative benefiche. Se un programma non rende, viene sospeso e si procede per altre vie. Insomma, con la venture philantropy si devono seguire gli stessi criteri con i quali si diventò ricchi.

Un altro personaggio di questa generazione di "ricchi ma buoni" ha ristrutturato una scuola elementare pubblica fatiscente nel Queens per figli di immigrati spendendo due milioni e mezzo di dollari: in quattro anni la scuola ha vinto il premio per il più forte miglioramento nel rendimento degli studenti. A seguito di questo successo, ha promosso l'Harlem Success Academy, con lo scopo anche di dimostrare che, con gli stessi soldi spesi dal sistema pubblico, si ottengono risultati molto migliori, grazie a insegnanti abili e soprattutto non sindacalizzati, perciò licenziabili sui due piedi se non rendono.

Questa generazione di ricchi ha anche dato una botta ai vecchi proverbi e ne ha coniati di nuovi. Per esempio uno molto azzeccato: fai per altri quello che hai fatto per te stesso.
Diventa quindi fuori moda il "dagli al capitalista", all'affamatore del popolo, tanto in voga nella seconda metà del secolo scorso. Del resto, proprio in Cina, oggi il paese più comunista del mondo, il capitalismo sta attecchendo a velocità impressionante, come ha bene affermato quel Jim Rogers che, con George Soros, costituisce la coppia di guru più famosi. Dopo avere fatto fortuna negli Usa, ora ha deciso di trasferirsi proprio in Cina, dove le possibilità di accrescere le fortune sono più forti che altrove, proprio con la Borsa di Shanghai.

In una recente intervista ha dichiarato: «La California e l'Italia sono più comuniste della Cina perché hanno più controllo governativo. I cinesi si definiscono comunisti, ma sono grandi capitalisti. In Cina ci sono molte aziende private e l'economia offre agli investitori più opportunità di altri paesi».



Paolo Torriani