IL PARADOSSO n° n° 22 - GIUGNO 2007
QUANDO ERO GIOVANE 5000 ANNI FA...

da Master Meeting GIUGNO 2007

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La si può fare alla morte? I fatalisti pensano di no. Quando arriva la tua ora, non c'è niente da fare. C'è però “chi la pensa diversamente: gli immortalisti”,- una specie di confraternita intellettuale convinta di poter sconfiggere la morte per invecchiamento. Certo anche per loro rimane sempre l'eventualità di una morte violenta, per assassinio o anche per un semplice incidente stradale, ma alla lunga – e 'forse più presto di quanto non si pensi — potranno forse rimanere eterni vispi vecchietti. Portabandiera di questa tesi è lo scienziato Aubrey De Grey, personaggio autorevole, biologo che fu membro del Dipartimento di Genetica dell'Università di Cambridge, ma anche perso-naggio eccentrico, metà hippy e metà asceta con la barba fluente. È lui che guida la crociata degli immortalisti e che, con argomentazioni parascientifiche, riesce quasi a convincere che chi nascerà nel 2100, possibilmente in una nazione ricca ed evoluta, potrà aspettarsi di vivere fino a 5000 (cinquemila!!!) anni, e anche più, e che forse la prima persona a superare i Mille anni potrà anche essere uno che sta vivendo oggi, fra noi, e che ha una sessantina d'anni.

Un immortalista in pectore era un certo James Bedford, che è morto nel 1967 all'età di 73 anni e che, fiducioso nei progressi della scienza, volle farsi ibernare nella speranza di essere un giorno riportato in vita grazie ai progressi della medicina. La Alcor Life Extention Fundation, che lo conserva in frigorifero, ha quindi già celebrato il quarantennio sotto ghiaccio di questo precursore della crionica, che peraltro ha già avuto molti seguaci: nel mega impianto freezer della Fondazione sono conservati sotto ghiaccio altri 175 cadaveri, e più di altre 4600 persone si sono già prenotate, firmando appropriati contratti, per essere congelati alla fine della loro vita.

Un'altra scuola di immortalisti si distingue da quella tradizionale e punta, se non proprio all'immortalità del corpo, almeno a quella del pensiero, immaginando l'uomo futuro che vive accanto ad un computer più intelligente dell'uomo sul quale scaricare la propria mente in modo da potere continuare a vivere, senza fine, come intelligenza virtuale. Una moderna, futuribile immortalità dell'anima, alla faccia di Faust. De Grey sostiene altresì che grazie alla conoscenza della possibile immortalità senza traumi, la società civile si impegnerà al massimo per combattere ogni forma di violenza nonché evitare tutte le attività fisicamente pericolose.

Noi, comuni mortali, che cosa possiamo pensare di tutte queste elucubrazioni fantastiche? Diventiamo anche noi immortalisti, puntando sui futuri miracoli della medicina e delle tecnologie, oppure per il momento restiamo con i piedi in terra, in attesa di toccare con mano qualcosa di veramente concreto?

Diamo uno sguardo alle nostre spalle. Millesettecento anni fa l'alchimista cinese Ko Hung fu considerato un celebre profeta perché resuscitò lo Hsien, antico culto secondo il quale l'immortalità fisica è raggiungibile. Dopo di lui il filosofo Francesco Bacone, l'arabo Avicenna e Galeno, padre della medicina greca, possono pure essere considerati precursori degli immortalisti dei giorni nostri.

Però, Ko Hung, Bacone, Avicenna e Galeno sono tutti morti. E al mondo d'oggi più di centomila persone muoiono ogni giorno con rassegnazione. Più o meno quelle scomparse con lo tsunami.

Il record della vita più lunga, per quanto si sa, appartiene finora a Jeanne Clement, morta nel 1977 ad Arles a 122 anni. Nessun altro ha superato i 120.



Paolo Torriani