IL PARADOSSO n° 25 - OTTOBRE 2007
L'INDULTO: MA SI POTREBBE SAPERE CHI MAI L'HA FIRMATO?

da Master Meeting OTTOBRE 2007

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Quello che stiamo per raccontarvi non è un paradosso semplice ma la sublimazione del paradosso. Due uomini stanno parlando al telefono e sono imbestialiti per un provvedimento che ha offeso e indignato tutta la popolazione per bene: "Maledetti questi cani sciolti, che rubano senza rispetto, non appena escono dall'Ucciardone grazie a quel dannato indulto. Bisogna sterminarli senza pietà". Sembra uno sfogo violento, un'intemperanza verbale tra due italiani fuori dai gangheri che mal sopportano il dato, reale, creato dall'indulto: decine di migliaia di delinquenti ai quali sono state aperte le celle e si sono riversati nella strade, liberi come farfalle. Poteva essere una formidabile opportunità per riflettere, per rimettersi in carreggiata, per uscire dal mondo del crimine e rientrare in quello della legalità. Purtroppo chi la pensa così crede ancora in Biancaneve, crede ancora alle favole. Statistiche alla mano, il novanta per cento dei liberati ha ricominciato a commettere gli stessi delitti per i quali era stato carcerato. E di questi (solo) il dieci per cento è stato riarrestato dalle forze dell'ordine dopo meno di quarantott'ore di libertà, in flagranza di reato. Quindi, se pure violenta, la telefonata che vi abbiamo fatto ascoltare all'inizio, aveva un senso e una ragione.

Si, se fossero due cittadini comuni. Ma siccome non siamo ancora preda di semenza senile e allora non parliamo, che Dio ci conservi la salute, a caso, abbiamo sottolineato che eravamo in presenza del paradosso totale. Infatti l'intercettazione, assolutamente vera e agli atti giudiziari, è stata fatta in Sicilia, tra Giuseppe Bisesi e Giuseppe Libreri. Il primo è un emergente malavitoso di appena 31 anni e il secondo è, nientemeno, il capo della famiglia mafiosa di Termini Imerese. Entrambi arrestati e la loro cattura ha permesso di scoprire i segreti del "Codice Provenzano", la Bibbia che ha decriptato il Gotha della mafia siciliana. Ma come, ma perché vi chiederete voi due delinquenti si scagliano contro un provvedimento, infausto e sbagliato, che ha liberato, in un colpo solo, tanti colleghi malavitosi? Come mai il Bisesi, al telefono e fuori di sé, urlava infuriato: "Ora, con questo indulto, siamo rovinati!". Ed ora spieghiamo la madre di ogni paradosso.

Come sanno tutti, uno dei punti di forza della mafia, è la protezione. Nei libri contabili dell'organizzazione criminale, la voce "protezione" porta un utile netto in miliardi di euro. Il protetto sa che paga ma sarà al sicuro da ricatti, furti, rapine, sequestri. Una parte cospicua del suo fatturato se lo "fuma" la mafia ma quello che rimane sarà suo senza batticuori e paure. Solo che la folla degli "indultati", cani sciolti allo sbando e senza padrone, si è riversata sui protetti ufficiali chiedendo nuovi pizzi non dovuti. E qui, signori, "salta 'o sistema".

Ecco perché i due intercettati pensano subito di correre ai ripari, nella sola maniera che conoscono: "Sono tutti pericoli da cancellare e na allibirtamu (ce ne liberiamo) subito, subito...", ripete istericamente. E ne sottolinea l'urgenza con un non procrastinabile: "ni 'sti iorna quagghiamu", in questi giorni concludiamo". In sostanza l'indulto è stata una rovina per tutta la mafia, mentre in realtà lavoravano per ottenere un'altra legge: la soppressione dell'ergastolo, un danno enorme per i boss già in galera con la sentenza che non offre scampo: fine pena, mai. Togliendo quel "mai", questo sì che era un tragico avvertimento per chiunque sgarrava, fuori dal carcere. Attenti, un giorno usciremo anche noi e la vendetta, per chi ha tradito, sarà senza sconti.
Una brutta storia, attraversata da un grandissimo paradosso.



Fulvio A. Scocchera