IL PARADOSSO n° 28 GENNAIO 2008
PROVE PER UN MONDO PEGGIORE

da Master Meeting GENNAIO 2008

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Nella classifica mondiale del paradossismo due esempi vanno bellamente a conqui¬stare i posti d'onore. Il primo accade a Las Vegas, nel Nevada, dove Douglas Hoffman, aveva deciso di trasferirsi, nel 2004, appena pensionato. Poco dopo l'amministrazione comunale fa crescere, davanti alle sue finestre, una rigogliosa foresta.
Come quasi tutti sanno Las Vegas è stata edificata al centro di un enorme deserto. Ergo: il dono più gradito, da quelle parti, è (sarebbe) il verde dei prati e le foglie delle piante. Invece il signor Hoffman e la moglie tempestano di insulti, dal sindaco in giù, tutte le autorità locali sostenendo che le piante davanti a casa hanno loro sottratto il panorama precedente. Ma di quale spettacolo sono stati privati i coniugi Hoffman, al quale non sono disposti a rinunciare? Visto l'arido deserto circostante non ci possono essere golfi marini, spiagge bianche, palme e mare blu, nessuna dolce collina o tanto meno montagne innevate. Quello che non vedevano più era la luminosa ferita dello Strip, il celeberrimo vialone dei casinò, stretto dalle luminarie degli alberghi più burini del mondo. Mister Hoffman, che dal cognome tradisce origini teutoniche, quindi tetragone, visto che le istituzioni non lo aiutano, decide per la soluzione fai da te. Acquista una moto sega, si avventa sulle odiate antistanti piante e ne abbatte cinquecento con danno stimato di duecentocinquantamila dollari, circa mezzo miliardo delle vecchie lire. L'albericida, colto sul fatto da un vicino, è subito denunciato e Donald Mosley, il giudice che lo condanna, sarà forse un ambientalista, ma, di sicuro, non scherza affatto.
Ora la signora Hoffman va a trovare il marito nella prigione di Las Vegas, dove rimarrà 5 anni. Il paradosso evidente di questa storia è che sono avvenuti dei fatti ma per motivi esattamente opposti di quello che sarebbe successo con l'orologio della storia indietro di dieci o vent'anni. Una volta, nella pubblicità delle case in vendita, c'erano due parole che valorizzavano l'immobile e facevano lievitare di molto, il bene. Due parole magiche: vista imperdibile.
Ma c'è qualcosa da aggiungere. Significa che esisteva un tempo nel quale il diritto al benessere, se non alla felicità, veniva assicurato da beni invisibili, da sensazioni stupende. Per dirla con il linguaggio dei nostri figli discotecari, da "good vibration". Insomma, con una battuta che è anche una contraddizione in termini, cioè in soldoni, non tutto si compra.
Secondo in classifica, o meglio primo a pari merito, mettiamo il quarantenne danese Olafur Eliasson. A sentire quello che dicono di lui, il mio fegato subisce seri danni: è tra i più celebri artisti della sua generazione, interessato soprattutto a indagare tra arte, scienza e fenomeni naturali. Tradotti, dal mio punto di vista, questi personaggi si possono classificare come furbi, o meglio furbastri. Non certo artisti e tanto meno acclamati alfieri dell'arte moderna.
Il bravo Olafur ha preso all'amo niente meno che la città di New York facendosi strapagare per quello che, secondo lui, sarà un monumentale progetto di "arte pubblica". Per giunta, aggiungiamo noi, transeunte non eterna. Si tratta "The New York City Waterfalls", la grandiosa serie di quattro cascate alte sino a trentasei metri che si potranno vedere dai fiumi Hudson e River. Milioni di lampadine, accese notte e giorno, milioni di tonnellate d'acqua dislocate e disperse. Un massacro per l'ecologia e l'ambientalismo, una vergogna per chi glielo permette. Il paradosso insegna che queste sono le cronache di un mondo non solo che non migliora, non solo che peggiora. Ma che si sta spegnendo.



Fulvio A. Scocchera