IL PARADOSSO n° 29 FEBBRAIO 2008
VALENTINO, L’IDOLO CHE NON CADE

da Master Meeting FEBBRAIO 2008

Vai alla vignetta

Non è il fatto che Valentino Rossi sia un evasore fiscale conclamato e beccato con le mani nel sacco. Non è la somma astronomica che ha rubato allo Stato, non dichiarandola. Una cifra che un maestro o un operaio, anche se vivessero cinquanta vite, non potrebbero mai raggranellare. Non è neanche che uno come lui, dovendo dare al fisco oltre duecento miliardi di vecchie lire, se l’è cavata con meno di un quarto e l’assegno che sono riusciti a strappagli, di “soli” trentacinque milioni di euro, è stato riconsegnato non con l’umiltà e la discrezione di chi restituisce il maltolto, ma sotto un grandinare di fotografie e una folla di cameramen. Con sorrisi a sessantaquattro denti da parte dei dirigenti dell’Agenzia dell’Entrate e del pagatore, l’ineffabile Valentino Rossi.
Sarà che il condono annulla del tutto anche quel minimo di irrazionale simpatia che qualcuno prova, chissà perché, per il reo confesso, nella indecente vicenda del centauro italiano, sono tantissime le cose che non ci vanno giù e speriamo che il nostro pensiero sia condiviso anche da molti compatrioti. Prima di tutto non sopportiamo la sua faccia da impunito e non perché gliela ha regalata madre natura. Ma perché non è riuscito, non dico a nasconderla, ma almeno ad attenuarla, in corso di reato. Anzi, proprio nelle circostanze, lo “sborone” romagnolo, aveva accentuato le caratteristiche a livello di macchietta da teatro dei pupi. Perché non c’è limite all’improntitudine cercando una difesa mediatica, a reti televisive unificate, una difesa, dicevamo, di pura fantasia. E ci chiediamo, annicchiliti, come è stato possibile che i direttori di almeno sei reti TV, lo abbiamo permesso. E perché siano ancora al loro posto.
Valentino Rossi è famoso per essere stato sette volte campione del mondo nella categoria delle moto GP, per essere stato testimonial di birre e fastweb, nonché per un presunto flirt, peraltro sempre smentito, con la ex velina Elisabetta Canalis. Fare il testimonial di prodotti e marchi o entrare da protagonista nel mondo del gossip non è altro che la conseguenza e la ricaduta a pioggia per essere stato, appunto, un campione sportivo. Ma Valentino ha forse vinto con l’altetica, con il nuoto, con il calcio, grazie ad un fisico perfetto, potente e ben allenato? Ha forse bruciato i terminali dell’intelligenza nervosa del cervello in una finale del campionato del mondo a scacchi? No, dei tecnici bravi e meravigliosi gli hanno messo sotto il sedere qualche chilo di ferraglia che sorreggeva un invincibile motore, nelle mani un manubrio sensibile et voilà, il gioco è fatto. Riconosco di aver messo una certa malizia nel formulare questo esempio. Ma come si può essere generosi con chi, come lui, chiude il contenzioso col fisco dicendo: “Non mi pento delle scelte che ho fatto. Non mi sono mai sentito solo, ho avvertito un umore positivo verso di me e spero che la mia immagine ne esca bene”. Tranquillo, Valentino, ne uscirai benissimo se i tuoi sponsor avranno la faccia di tolla di affidarti ancora i loro prodotti, come se tu fossi sempre e comunque un eroe positivo.
Ora il re di Tavullia, il suo paesello romagnolo, potrà tranquillamente intestarsi le sei o sette macchine di lusso che tiene mimetizzate sul territorio, potrà entrare e uscire quando vuole dalla villa segreta che teneva nascosta, disdicendo contestualmente l’affitto del polveroso appartamento di Londra dove sosteneva di risiedere. E onore al merito al pelo sullo stomaco del dr. Victor Uckmar, suo consulente nonché tra i primi tre più noti in Italia che ha commentato bofonchiando la decisione, non da lui condivisa, di pagare: “Pur di tornare tranquillo allo sport, dato che l’accertamento era illegittimo (!), ha chiuso il contenzioso buttando i suoi soldi al vento”. Fantastico cinismo, professor Uckmar!



Fulvio A. Scocchera