IL PARADOSSO n° 038 - DICEMBRE 2008
E SE QUEL LAMPO NEGLI OCCHI LO VEDE IL GIURATO?

da Master Meeting DICEMBRE 2008

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Le vie per entrare nell'arcano del paradosso sono tante e i percorsi insoliti. Abbiamo detto entrare nell'arcano, non spiegarlo. La carne al fuoco è troppa, la trama è compatta, non spunta nessun filo da tirare per far pensare all'inizio di una storia.
I personaggi sono tanti, cinque o sei, entrati o usciti. La sceneggiatura, scritta dal destino, è la più drammatica che esista: la storia di un delitto efferato. Anche la location sembra fatta apposta per un film: una cittadina carica di storia, resa ancora più insolita perché piena di studenti internazionali, ragazzi e ragazze che vengono da tutto il mondo per frequentare i corsi universitari dell'Erasmus. Tutto questo marasma di gioventù planetaria ha creato uno smottamento totale dei costumi sessuali, morali e sociali. Per intenderci senza giri di parole: circa i costumi sessuali se una ragazza arriva a Perugia vergine, a studi terminati le probabilità di essere ancora illibata non sono neanche di una su un milione, quindi zero. I costumi sociali, idem. Nel senso che c'è la battuta circa la nebbia perenne sulla città, specie dal crepuscolo in poi: è causata dalle canne che si fanno praticamente tutti e che si acquistano dappertutto.
Meredith, detta Mez, Kercher, 22 anni, londinese, arriva per studiare ad agosto del 2007 e tre mesi dopo, il primo di novembre, muore sgozzata. Tre giovani sono accusati del delitto: la studentessa americana di Seattle, Amanda Knox e lo studente italiano Raffaele Sollecito. E poi c'è lo sbandato africano Rudy Guede. Infine un altro negro entra ed esce dalla storiaccia. Il trentottenne Patrick Lumumba, gestore di un locale a mezza strada tra una discoteca ed un bar al centro della cittadina. Accusato come unico omicida da Amanda viene subito scagionato e liberato ma fa in tempo a stare in carcere un mese. La pacchia di discussioni tra coloro che sostengono come etnie deboli sono sempre le prime a rimetterci e ad andarci di mezzo comincia subito.
Quattro presunti colpevoli: due bianchi e due neri. Uno arrestato subito e poi rilasciato, l'altro condannato a trent'anni. I due bianchi con gli occhi azzurri sono rinviati a giudizio. Il paradosso di Perugia inizia quindi con la discriminazione tra bianchi e neri. Raffaele Sollecito ha anche il vantaggio di una famiglia che non bada a spese per la sua difesa, assumendo uno tra gli avvocati più famosi e costosi d'Italia. È Giulia Bongiorno, tra l'altro anche onorevole, da sconosciuta totale arrivata ai fasti della notorietà dopo la vittoriosa difesa del senatore Andreotti, l'alleanza con Michelle Hunziker in una associazione contro gli stalkers, i molestatori, e una scelta accurata tra imputati celebri e processi al centro della cronaca.
Il paradosso, nelle vicende giudiziarie, dicevamo che segue molte strade. Nel caso della mamma di Cogne, l'enorme attenzione dell'opinione pubblica era spaccata in due da un quesito elementare: la Franzoni era una feroce matricida (?) oppure (era) un disperato (?) errore giudiziario e (lei l') agnello sacrificale?
Nel processo di Perugia non ci si chiede se il terzetto diabolico ha scannato Mez o no. Sotto la lente è finita solo Amanda, bellissima e algida, che ha accusato e ritratto, bardata di camicette virginali, pulita solo dall'acqua e sapone, l'occhio ceruleo sottomesso e innocente. Ma per qualcuno, e tra questi anche chi scrive, proprio in quell'occhio ci può essere la chiave del mistero.
Perché ogni tanto, anche se l'espressione facciale rimane atona e senza espressioni, dal cristallino sembra scaturire un bagliore, che evoca, fatemelo dire, una lama. Pare una stupidaggine, il momento clou nella sceneggiatura di un legal thriller.
Sì, ma se viene percepito anche dai giurati?



Fulvio A. Scocchera